domenica 6 maggio 2007

AUTORITRATTO DELLA CRISI


“AUTORITRATTO DELLA CRISI”

Architettura, modernità, crisi ed information tecnology

Interessante e profondo risulta il concetto di crisi, ripreso dalle parole di Antonino Saggio nella sua ultima pubblicazione “Introduzione alla Rivoluzione Informatica, inteso come “tendenza a creare un estetica di rottura e di cambiamento” attraverso una “tensione alla modernità” che tanto sarà più forte e profonda tanto più sarà netto l’aspetto di cambiamento e di rottura.

Negli anni sessanta Piero Manzoni ci ha mostrato come per trasformare un oggetto in opera d’arte occorre, in fondo, solo esporlo in vitro, sotto teca, in un museo; persino un escremento è un’opera d’arte se è d’artista. Negli anni settanta Robert Venturi, valutandolo nel suo apporto provocatori, ci ha mostrato come basta apporre un enorme sign autoreferenziale per trasformare un edificio banale in un monumentum, a dispetto della sua stessa etimologia derivante da monito. Siamo in crisi perché guardando indietro verso Learning from Las Vegas ci rendiamo conto (o facciamo finta di no?) che le cose non sono molto cambiate, o se lo sono, soltanto in superficie.

Oggi alla volontà demiurgica dell’architetto razionalista si sostituisce prepotentemente una volontà comunicativa di un messaggio. Mai più di ora l’architettura è stata un mass medium. Sembra oggi del tutto normale e giustificato applicare a volumetrie stereometriche ma banali, involucri tecnologici modulari, che sono essi stessi veicolo dell’informazione. Come nel seicento la pala d’altare sfondava l’involucro dell’edificio, dall’interno verso l’esterno, per proiettare il fedele in un mondo metafisico, oggi i cangianti rivestimenti mediatici sfondano l’architettura dall’esterno verso l’interno, trasportando il passante (perché non possiamo più parlare di fruitore) in un mondo nel quale la comunicazione celebra l’apologia di sè stessa. Il fine ultimo dell’architettura si sposta dal trasformare all’informare.

Venturi, è stato acuto, come oggi è acuto Rem Koolhaas, ci hanno mostrato violentemente la verità, criticando gli architetti, coplendoli nei punti dove sono più permalosi, portando a galla tutte le loro velleità. Hanno parlato di corda a casa dell’impiccato, e ora siamo in crisi.

Ma la parola crisi deriva dal verbo krinw da che vuol dire separare, scindere ma in senso figurato anche decidere. L’architettura è una questione di scelte prima ancora che d’opinioni. Noi decidiamo la forma, noi dedichiamo lo spazio.


1 commento:

adolfo ha detto...

ciao simone cosa ne pensi dell edificio delle misssioni consolata di rovereto. dello stato in qui versa.rispetto alla fine degli anni 70. ciao adolfo